Dio ama un donatore gioioso

La maggior parte dei cristiani ha familiarità con l’atto della donazione finanziaria nel culto. I diaconi ricevono offerte che provengono dalle tasche dei fedeli. Questa non dovrebbe essere un'esperienza scomoda per i cristiani, ma una gioiosa opportunità per esprimere il nostro amore per Dio e l'impegno a fare discepoli nel mondo.

Ma cosa richiede Dio da noi nell’offerta? Quanto e quanto spesso dovremmo donare? Per rispondere a queste domande dobbiamo considerare ciò che dice la Bibbia riguardo al nostro dovere di donare finanziariamente.

 La decima dell'Antico Testamento

Iniziamo con l’Antico Testamento e con ciò che esso chiama la “decima”. La parola decima significa un decimo. È un'antica forma di culto anteriore alla Legge Mosaica. Il libro della Genesi ci racconta come i patriarchi praticavano la decima come atto di culto. Abramo pagò la decima a Melchisedek, sacerdote del Dio Altissimo, dandogli la decima di tutto il bottino della battaglia (Gen 14,17-24; cfr Eb 7,1-2). Più avanti, leggiamo di Giacobbe che fa voto a Dio: “di tutto quello che tu mi darai, io certamente ti darò la decima” (Gen. 28:22). Queste decime non furono date in risposta ad alcuna legge specifica sulla decima. Erano semplicemente espressioni di gratitudine verso Dio per la sua misericordia e grazia. Abramo e Giacobbe furono lieti di adorare il Signore offrendo un decimo dei loro guadagni.

Più avanti nella storia della redenzione, Dio comandò al suo popolo di donare un decimo delle proprie entrate per il sostegno del ministero. Come parte della Legge Mosaica, Dio comandò agli Israeliti di provvedere al mantenimento del tempio e dei Leviti. I Leviti erano l'unica tribù d'Israele che non ricevette una porzione della terra che Dio aveva benignamente dato a Israele. Per i Leviti, il sacerdozio era la loro eredità (Num. 18,24; Gios. 18,7). Come sacerdoti, dovevano servire le altre tribù. Per provvedere alla loro sopravvivenza, Dio stabilì la decima: “Ai figli di Levi io do come proprietà tutte le decime in Israele in cambio del servizio che fanno nella tenda di convegno” (Num. 18,21). Un decimo dei normali proventi agricoli – i mezzi di sopravvivenza e di guadagno per l'israelita – doveva essere messo da parte come offerta al Signore: “Ogni decima della terra, sia delle raccolte del suolo, sia dei frutti degli alberi, appartiene al Signore; è cosa consacrata al Signore... Ogni decima dell’armento o del gregge, il decimo capo di tutto ciò che passa sotto la verga del pastore, sarà consacrata al Signore” (Lev. 27:30, 32).

Deuteronomio 14:22-29 sottolinea che quando queste decime venivano portate al tabernacolo, una parte veniva mangiata davanti al Signore in gioiosa comunione con i Leviti e i poveri. Lungi dall’essere un obbligo gravoso, la decima doveva essere un’occasione di culto giubilante e di fratellanza.

 La decima, quindi, era una parte importante nella vita dell’alleanza di Israele con Dio. Era anche un peccato trattenere la decima. Farlo significava derubare Dio. Attraverso il profeta Malachia, Dio rivelò agli Israeliti il ​​loro peccato di trattenere la decima: “L’uomo può forse derubare Dio? Eppure voi mi derubate. Ma voi dite: “In che cosa ti abbiamo derubato?” Nelle decime e nelle offerte. Voi siete colpiti da maledizione, perché mi derubate voi, tutta quanta la nazione!” (Mal. 3,8-9). Al contrario, se Israele avesse mostrato la propria fiducia nel Signore obbedendogli con la decima, i suoi bisogni sarebbero stati soddisfatti e sarebbero stati benedetti. “Portate tutte le decime alla casa del tesoro, perché ci sia cibo nella mia casa; poi mettetemi alla prova in questo», dice il Signore degli eserciti; «vedrete se io non vi aprirò le cateratte del cielo e non riverserò su di voi tanta benedizione che non vi sia più dove riporla” (Mal. 3,10).

 Donare nel Nuovo Testamento

 Il Nuovo Testamento non dà alcun comando esplicito per la decima. Tuttavia, c’è una certa continuità tra la vecchia e la nuova alleanza per quanto riguarda il donare. Proprio come Israele doveva provvedere ai sacerdoti nell'antico patto, la chiesa deve provvedere al ministero del Vangelo nel nuovo patto. Paolo chiarisce esplicitamente che il ministero del Vangelo deve essere sostenuto con le risorse della chiesa. L'apostolo rende un insegnamento molto chiaro su questo argomento in 1 Corinzi: “Similmente, il Signore ha ordinato che coloro che annunciano il vangelo vivano del vangelo” (9,14).

Scrivendo a Timoteo, Paolo cita alcune leggi generali dell'Antico Testamento e le applica al ministero della Parola: “Gli anziani che tengono bene la presidenza siano reputati degni di doppio onore, specialmente quelli che si affaticano nella predicazione e nell’insegnamento; infatti la Scrittura dice: «Non mettere la museruola al bue che trebbia»; e: «L’operaio è degno del suo salario»” (1 Tim. 5,17-18). Allo stesso modo, scrivendo ai Galati, Paolo dice: “Chi viene istruito nella parola faccia parte di tutti i suoi beni a chi lo istruisce”. (Gal. 6,6)

Ma non è solo il sostentamento del pastore che una congregazione deve supportare. Una congregazione deve esprimere la comunione dei santi anche nell'impiego delle risorse economiche. Verso la fine della sua lettera alla chiesa di Roma, Paolo racconta dei suoi piani per consegnare i fondi raccolti per i poveri cristiani di Gerusalemme:

Per ora vado a Gerusalemme a rendere un servizio ai santi, perché la Macedonia e l’Acaia si sono compiaciute di fare una colletta per i poveri che sono tra i santi di Gerusalemme. Si sono compiaciute, ma esse sono anche in debito nei loro confronti; infatti, se gli stranieri sono stati fatti partecipi dei loro beni spirituali, sono anche in obbligo di aiutarli con i beni materiali. (Rom 15,25-27; cfr 1 Cor 16,1-4)

A tal fine, ogni cristiano dovrebbe essere consapevole delle proprie responsabilità nel sostenere il bilancio della chiesa di cui è membro. Fare donazioni a degne organizzazioni para-ecclesiali, come programmi radiofonici cristiani o validi seminari riformati, può essere un uso nobile delle nostre risorse, ma il sostegno della chiesa locale e dei suoi missionari deve sempre venire al primo posto, perché solo la chiesa di Gesù Cristo può battezzare, amministrare la Cena del Signore ed esercitare la disciplina. Dio ha ordinato la chiesa locale come mezzo principale per fare discepoli e stabilire la comunione dei santi.

Allora, quanto devo donare?

Se la decima levitica obbligatoria fosse specifica del sacerdozio levitico e il Nuovo Testamento non imponesse esplicitamente un rigoroso dieci per cento del proprio reddito, quanto dovrebbe dare il credente? Paolo ci dà almeno tre importanti indicazioni. Ma notate che, per Paolo, la questione di quanto dovremmo dare non deve mai essere separata da come dovremmo dare. Dare è un atto di adorazione e una questione spirituale. Pertanto, dovremmo considerare attentamente i seguenti tre principi.

1. Dona liberamente e con gioia

Paolo dice che “dia ciascuno come ha deliberato in cuor suo; non di mala voglia né per forza, perché Dio ama un donatore gioioso” (2 Cor. 9,7). Nel Nuovo Testamento non esiste una somma prescritta che si debba dare. L'importo del tuo contributo è qualcosa che solo tu puoi decidere. Ma qualunque cosa tu doni, fallo con gioia! Non contribuire all’opera del regno perché hai la sensazione di essere stato costretto a farlo. Dai allegramente o non dare affatto. Come ha detto uno scrittore: “Dio ama colui che dona con gioia, e se Dio non ha ancora rallegrato il tuo cuore con il Vangelo in modo da farti deliziare al pensiero di poter contribuire al raduno e al perfezionamento di altri santi, prima lavora su quel punto."

2. Dona con costanza

Ancora una volta, nella sua corrispondenza con i Corinzi, Paolo ci indica una direzione. Dice: “Ogni primo giorno della settimana ciascuno di voi, a casa, metta da parte quello che potrà secondo la prosperità concessagli” (1 Cor. 16,2). Stabilisci la pratica di mettere da parte una certa quantità delle tue risorse per il lavoro del regno, proprio come faresti per qualsiasi altra cosa nel tuo budget mensile e nella pianificazione finanziaria. Qualunque importo decidiamo di donare, secondo l'apostolo Paolo, dobbiamo farlo con costanza su base settimanale o mensile. Il sostegno della chiesa locale non dipende dallo stato, ma dalle donazioni regolari dei membri della comunità.

3. Dona secondo la prosperità concessa dal Signore

Notate le ultime parole del comando di Paolo più sopra: “secondo la prosperità concessagli”. In altre parole, il nostro dare dovrebbe essere proporzionato a ciò che Dio, nella sua provvidenza, ci ha dato. Così come Dio è lieto di aumentare l’importo delle nostre entrate, allo stesso modo anche le nostre donazioni dovrebbero aumentare di conseguenza. Mettere da parte una percentuale del nostro reddito, sia che guadagniamo poco o molto, ci aiuta a donare mentre il Signore ci fa prosperare.

Dobbiamo ricordare che tutte le nostre risorse provengono da Dio e sono propriamente sue, mentre noi siamo amministratori delle sue risorse. Come dice Paolo: “E che cosa possiedi che tu non abbia ricevuto? E se l’hai ricevuto, perché ti vanti come se tu non l’avessi ricevuto?” (1 Cor. 4,7). Allo stesso modo, Gesù avverte in Luca 12:48: “A chi molto è stato dato, molto sarà richiesto”. La domanda che ogni cristiano deve porsi a questo proposito è: sono fedele con tutto ciò che Dio mi ha affidato?

Nel Sermone sul monte, Nostro Signore disse: “Non fatevi tesori sulla terra, dove la tignola e la ruggine consumano, e dove i ladri scassinano e rubano; ma fatevi tesori in cielo, dove né tignola né ruggine consumano, e dove i ladri non scassinano né rubano. Perché dov’è il tuo tesoro, lì sarà anche il tuo cuore” (Mt 6,19-21). Ciò che facciamo con le nostre risorse ci mostra ciò che apprezziamo veramente.

Dobbiamo capire che la nostra donazione finanziaria è un investimento nel regno di Dio. Essendo noi stati giustificati e adottati da Dio a causa della persona e dell'opera di Cristo, siamo già abbondantemente benedetti! Abbiamo già per noi “un’eredità incorruttibile, senza macchia e inalterabile. Essa è conservata in cielo” (1 Pietro 1,4). Dobbiamo quindi avere una mentalità rivolta ai cieli con le nostre risorse in questa vita.

Quindi, poiché abbiamo l'opportunità di adorare il Signore con l'offerta ogni settimana, possa ognuno di noi sperimentare la gioia del donare e cercare di dargli gloria con tutto ciò che ci ha affidato.

Michael Brown

Rev. Michael Brown è il pastore della Chiesa Riformata Filadelfia e Ministro della Parola e dei Sacramenti dalle United Reformed Churches of North America (URCNA). È l’autore di molti articoli e diversi libri, tra cui Il vincolo sacro: Introduzione alla teologia del patto (2012), Christ and the Condition: The Covenant Theology of Samuel Petto (2012) e 2 Timothy: commentario espositivo sul Nuovo Testamento (2022).

© ligonier.org, © Chiesa Riformata Filadelfia

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