La grazia prima del tempo: Il patto della redenzione
Il patto della redenzione costituisce essenzialmente il piano di Dio per la nostra salvezza. Come un edificio o una nave si realizzano partendo da un meticoloso disegno d’ingegneria, così la nostra redenzione è stata disegnata sulla scrivania di Dio. Prima della creazione dell’universo, esisteva già un piano per mandare il Figlio come secondo Adamo, per porre rimedio alla tragedia della caduta del primo Adamo dinanzi al patto delle opere e alla promessa di condurre l’umanità alla gloria. Questo patto non è un piano di emergenza – una sorta di piano B – studiando per riordinare il caos causato da Adamo, invece è quello originale, relativo all’opera di Cristo e alla redenzione.
Il patto della redenzione è il primo dei tre grandi patti della storia della redenzione:
1. Patto della redenzione
2. Patto delle opere
3. Patto di grazia
Ovviamente, ci sono altri patti nella Scrittura: il patto con Abraamo, il patto mosaico, il nuovo patto, ecc. Tuttavia, come vedremo meglio poi, questo sono subordinati ai tre patti principali: redenzione, opere e grazia. Il primo patto fondamentale è quello della redenzione, che i teologi a volte identificano col nome latino pactum salutis, perché è origine e fondamento del patto di grazia. Senza patto della redenzione non poteva esserci alcuna elezione, né incarnazione, né croce, né risurrezione e nessuna promessa di nuovi cieli e nuova terra.
Ci sono altre due ragioni che rendono questo patto unico. Primo, è un patto stabilito tra le persone della Trinità e non – come avviene spesso nella Bibbia – tra Dio e l’uomo. Il patto della redenzione è un’alleanza tra Padre, Figlio e Spirito Santo, per la redenzione degli eletti di Dio. Il Padre ha dato al Figlio coloro che ha scelto di salvare, volendo che compisse la loro salvezza come secondo Adamo, mediante una vita di ubbidienza e una morte espiatrice. Egli promise al Figlio anche un premio, una volta adempiuta la sua opera. Il Figlio accolse il dono del Padre, acconsentì alle condizioni del patto e si sottomise alla volontà del Padre. Lo Spirito s’impegnò ad applicare i meriti acquistati dal Figlio agli eletti, per unirli al Figlio per l’eternità. Ecco perché si dice che il patto della redenzione è intra-trinitario, cioè un patto tra il Padre, il Figlio e lo Spirito.
Secondo, il patto della redenzione è unico, perché è stato stabilito nell’eternità. Tutti gli altri patti biblici sono parte del tempo e della storia. Il patto della redenzione, invece, è stato stabilito prima della fondazione del mondo. Per questo si dice che è un patto pre-temporale.
Quindi, il patto della redenzione sottende ai patti con Adamo, Noè, Abraamo, Israele, Davide e con gli eletti. Concepito nell’eternità dalle persone della Trinità, il patto della redenzione è il fondamento e la forza propulsiva della storia redenzione. Detto questo, definiamo il patto della redenzione come quel patto stabilito nell’eternità tra il Padre – che ha dato il Figlio come redentore degli eletti in base alle condizioni necessarie per la redenzione – e il Figlio – che volontariamente ha acconsentito a soddisfare tali condizioni – e lo Spirito Santo – che volontariamente applica l’opera del Figlio agli eletti.
CHE COSA INSEGNA LA BIBBIA?
Nella Bibbia non incontriamo l’espressione “patto della redenzione”, ma questo non deve preoccuparci. Infatti, la Scrittura insegna diverse dottrine importanti, pur non impiegando la terminologia creata dai teologi. Per esempio, la Bibbia insegna che Dio è trino anche se non adotta il termine “Trinità”. Eppure, tale vocabolo ci aiuta a comprendere più facilmente che Dio è uno nell’essenza e trino nelle persone. Quindi, pur non incontrando l’espressione “patto della redenzione”, la Scrittura insegna tale dottrina, che diventa sempre più evidente man mano che la storia della redenzione progredisce. La promessa divina sulla venuta di un Salvatore è annunciata la prima volta in Genesi 3:15 e progressivamente è rivelata in modo più ampio, finché non è adempiuta mediante la Persona e l’Opera di Cristo. Illuminati dalla luce del Nuovo Testamento, vediamo chiaramente che la relazione tra Padre e Figlio è di natura pattizia e implica la promessa di un premio a fronte di condizioni prefissate. Adesso ci rivolgeremo ad alcuni importanti brani che insegnano questa dottrina. Ci sono tanti esempi. Nel libro Vincolo Sacro, io e il mio amico Zach Keele ne esaminiamo alcuni e forniamo esegesi. Qui, tuttavia, ne diamo un’occhiata a due o tre.
Isaia 53.
Questa famosa profezia sul Servo sofferente e trionfante di Yahweh ci mostra il patto della redenzione tra Padre e Figlio per la salvezza dei peccatori. Isaia spiega che si tratta una relazione di natura pattizia basata sull’ubbidienza e sulla ricompensa. Già il titolo “servo” (52:13; 53:11) lo dimostra, essendo un’espressione pattizia classica (in Isaia 42:1-9 il Servo del Signore è chiamato “l’alleanza del popolo”; cfr. Isaia 49:1-8). Questa profezia non parla solo dell’umiliazione e delle sofferenze di Cristo, ma anche della sua ubbidienza alla volontà del Padre, che costituisce il fondamento della nostra redenzione. Dopo aver affermato che Cristo sarebbe stato «stroncato a causa delle nostre iniquità» (v.5) e posto sotto il peso dell’ira di Dio a motivo dell’imputazione dei nostri peccati (v.6), il profeta afferma che «il Signore ha voluto stroncarlo con i patimenti» (Nuova Riveduta) e che «dopo aver dato la sua vita in sacrificio per il peccato…la volontà dell’Eterno prospererà nelle sue mani» (v.10; Nuova Diodati).
Questa significa che le sofferenze del Figlio erano state la volontà del Padre e che, avendo il Figlio ubbidito, tale volontà aveva avuto pieno compimento. Non c’è nulla d’improvvisato o casuale in tutto questo; piuttosto si tratta del piano predeterminato tra il Padre e il Figlio per la salvezza degli eletti. Così, mediante la sua ubbidienza, Cristo «renderà giusti i molti» (v.11). L’ubbidienza attiva del Figlio al Padre ha compiuto la giustificazione del popolo di Dio.
Il Nuovo Testamento spiega che c’è stato un mutuo accordo tra Padre e Figlio. Nella Lettera ai Filippesi, Paolo afferma che Gesù «pur essendo in forma di Dio, non considerò l’essere uguale a Dio qualcosa a cui aggrapparsi gelosamente, ma svuotò sé stesso, prendendo forma di servo, divenendo simile agli uomini; trovato esteriormente come un uomo, umiliò sé stesso, facendosi ubbidiente fino alla morte, e alla morte di croce» (Filippesi 2:6-8). Il Figlio non è stato forzato a partecipare al piano della redenzione. Gesù è andato volontariamente sul Golgota. Il Padre ha affidato un’opera al Figlio, il quale si è sottomesso alla volontà del Padre, ubbidendogli perfettamente.
Anche la ricompensa implicita nel patto è evidente: «Perciò io gli darò in premio le moltiudini, egli dividerà il bottino con i molti» (v.12). Siccome Cristo ha compiuto l’opera che il Padre gli aveva assegnato, ha ottenuto una ricompensa, come un potente eroe che si appropria del bottino di guerra. Ecco perché il versetto 12 inizia con “perciò”, in quanto si riferisce all’ubbidienza del Servo descritta nei versetti precedenti (vv.1-11). L’ubbidienza alle condizioni del patto comporta una ricompensa. Anche Paolo, nel brano già citato, ragiona in questo modo quando afferma: «Perciò Dio lo ha sovranamente innalzato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni nome, affinchè nel nome di Gesù si pieghi ogni giinocchio nei cieli, sulla terra, e sotto terra, e ogni lingua confessi che Gesù Cristo è il Signore, alla gloria di Dio Padre» (Filippesi 2:9-11). Il premio di Cristo per la sua ubbidienza è stato la giustificazione della sua gente e l’esaltazione del suo nome, per la gloria del Padre.
Quindi, Isaia 53 ci mostra, alla luce del Nuovo Testamento, che la nostra salvezza scaturisce dall’ubbidienza di Cristo alle condizioni del patto tra lui e il Padre, in base al quale gli era promessa una ricompensa.
Il Vangelo di Giovanni.
Giovanni presenta molte prove relative al patto della redenzione. Egli riporta molti riferimenti di Cristo all’opera che è venuto a compiere, specificando che si tratta di un’opera assegnatagli dal Padre. Per esempio, rivolgendosi ai discepoli disse: «Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato, e compiere l’opera sua» (4:34). Oppure, discutendo con i capi religiosi disse:
“Io non posso fare nulla da me stesso; come odo, giudico, i il mio giudizio è giusto, perché cerco non la mia propria volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato […] Le opere che il Padre mi ha date da compiere, quelle stesse opere che faccio, testimoniano di me che il Padre mi ha mandato […] Io sono venuto nel nome del Padre mio” (Giovanni 5:30, 36b, 43a).
Similmente parlando alle folle disse:
“Tutti quelli che il Padre mi dà verranno a me; e colui che viene a me, non lo caccerò fuori; perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato. Questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nessuno di quelli che egli mi ha dati, ma che li risusciti nell’ultimo giorno” (Giovanni 6:37-39)
Quindi, rivolgendosi ai farisei disse:
“Per questo mi ama il Padre; perché io depongo la mia vita per riprenderla poi. Nessuno me la toglie, ma io la depongo da me. Ho il potere di deporla e ho il potere di riprenderla. Quest’ordine ho ricevuto dal Padre mio” (Giovanni 10:17-18).
Queste precisazioni da parte di Gesù mostrano che la sua missione sulla terra è un’opera che il Padre gli ha comandato di compiere. Gesù afferma di avere ricevuto un ordine dal Padre, cioè un mandato o una missione da compiere. Tale mandato comportava per il Signore Gesù l’adempimento della redenzione di color che il Padre gli aveva dati, mediante la sua ubbidienza attiva alla volontà divina, che includeva la croce e il deporre la propria vita come propiziazione dei loro peccati.
A questo proposito, nella famosa preghiera elevata al Padre il giorno prima di essere crocifisso, Gesù disse:
“Padre, l’ora è venuta; glorifica tuo Figlio, affinché il Figlio glorifichi te, poiché gli hai dato autorità su ogni carne, perché egli dia vita eterna a tutti quelli che tu gli hai dati. Questa è la vita eterna: che conoscano te, il solo vero Dio, e colui che tu hai mandato, Gesù Cristo. Io ti ho glorificato sulla terra, avendo compiuto l’opera che tu mi hai data da fare. Ora, o Padre, glorificami tu presso di te della gloria che avevo presso di te prima che il mondo esistesse” (Giovanni 17:1b-5)
In questa preghiera, Gesù si riferisce a color che il Padre gli ha dato – cioè gli eletti in Cristo – almeno sette volte (vv.2, 6, 9, 10, 11, 24). La missione del Figlio era di salvare queste persone con la sua ubbidienza alla volontà del Padre. Il giorno successivo, mentre era sulla croce, sopportando l’ira di Dio per i peccati di colo che il Padre gli aveva dato, le sue ultime parole furono: «È compiuto!» Che cosa era compiuto? L’opera che il Padre gli aveva dato da compiere prima della fondazione del mondo. Nel loro insieme, i riferimenti di Gesù a quest’opera rimandano al piano premeditato di mutuo accordo tra Padre e Figlio, nell’eternità.
Efesini 1:3-14
Anche Paolo parla del fatto che il Figlio, prima della fondazione del mondo, ricevette un mandato dal Padre. Dopo i saluti dei primi due versetti, l’apostolo benedice Dio per la sua grazia:
"Benedetto sia il Dio e Padre del nostro Signore Gesù Cristo, che ci ha benedetti di ogni benedizione spirituale nei luoghi celesti in Cristo. In lui ci ha eletti prima della fondazione del mondo perché fossimo santi e irreprensibili dinanzi a lui, avendoci predestinati nel suo amore a essere adottati per mezzo di Gesù Cristo come suoi figli, secondo il disegno benevolo della sua volontà, a lode della gloria della sua grazia, che ci ha concessa nel suo amato Figlio" (Efesini 1:3-6).
Paolo spiega che Dio ha prestabilito la nostra redenzione nell’eternità. Siamo stati eletti in Cristo prima della fondazione del mondo, predestinandoci a essere adottati per mezzo Gesù Cristo. Padre, Figlio e Spirito hanno stretto un patto tra loro per portare dei peccatori alla gloria. Dalla massa di uomini caduti e sotto giudizio, il Padre ha scelto dei peccatori che in loro stessi non erano più meritevoli o migliori di quelli che, invece, non ha scelto. Tale elezione è incondizionata, secondo il solo proponimento di Dio. In un altro passo, l’apostolo spiega, “Egli ci ha salvati e ci ha rivolto una santa chiamata, non a motiva delle nostre opere, ma secondo il suo proposito e la grazia che ci è stata fatta in Cristo Gesù fin dall’eternità” (2 Timoteo 1:9). Il Padre ha dato al Figlio questi peccatori eletti per grazia, il quale li ha redenti con il suo sangue per il perdono dei peccati. La vita, la morte e la risurrezione di Cristo rivelano il mistero della volontà di Dio, cioè la realizzazione del patto della redenzione (Efesini 1:8-10).
Tuttavia, Paolo ci mostra come ci sia qualcos’altro che caratterizza tale piano: non solo il Padre ha eletto un popolo in Cristo, ma l’ha chiamato mediante lo Spirito. Lo Spirito – la terza persona di Dio – ricopre un ruolo unico nel patto della redenzione, perché opera per renderlo concreto (vv.11-12). Al Figlio competeva la responsabilità di compiere la redenzione degli eletti, mentre lo Spirito ha il dovere di applicare loro tale redenzione. Lo Spirito, che ha preparato la via per la venuta di Cristo fornendogli all’incarnazione i doni necessari per adempiere all’ufficio di mediatore, comunica agli eletti i benefici salvifici che Cristo ha meritato per loro. Lo Spirito procede dal Padre e dal Figlio, per unire gli eletti a Cristo e per suggellare in loro tutte le benedizioni che scaturiscono dall’opera compiuta dal Salvatore: la rigenerazione, il dono della fede, la giustificazione, l’adorazione, la santificazione, la perseveranza e – un giorno nel futuro – la glorificazione. (Efesini 1:13-14; cfr. Giovanni 14:26; 15:26; 16:7).
PERCHE QUESTA DOTTRINA È IMPORTANTE PER LA VITA CRISTIANA?
A prima vista, potremmo avere l’impressione che questa dottrina sia astratta e poco pratica, come se avesse valore solo in ambito accademico, ma non è assolutamente così! Questa dottrina, invece, riguarda molto da vicino la vita cristiana perché, prima di tutto, ci mostra l’amore di Dio.
Il patto della redenzione rivela l’amore di Dio
Tra Padre, Figlio e Spirito Santo c’è perfetto amore e totale armonia. Le promesse e i vincoli reciproci ci mostrano l’amore che c’è tra loro. L’amore del Padre per il Figlio è espresso dalla ricompensa di un popolo che il Figlio possederà come sovrano. L’amore del Figlio per il Padre è espresso nella sua ubbidienza alla volontà del Padre, fino al più grande sacrificio personale. L’amore dello Spirito per il Padre e per il Figlio è espresso nel portare a perfezione tale piano di salvezza. L’amore del Padre e del Figlio per lo Spirito è espresso nel donarlo alla chiesa come suggello celeste. Nessuna persona della Trinità agisce a prescindere dalle altre.
La dottrina del patto della redenzione ci mostra che Dio è eternamente mosso a comunicare ad altri l’amore che sperimenta in sé stesso. Geerhardus Vos (1862-1949) - il noto professore del Princeton Theological Seminary - si esprime così:
“Come la beatitudine divina è sperimentata nella libera relazione delle tre persone dell’adorabile Deità, così l’uomo trova la propria beatitudine nella relazione pattizia con il suo Dio”. [1]
Dio ha voluto condividere il suo amore con gli eletti. Nel suo sovrano volontà, Dio ha voluto renderci partecipi dell’amore eterno e reciproco tra Padre, Figlio e Spirito. Non abbiamo fatto nulla per indurlo ad amarci; infatti, egli ci ha amati quando eravamo ancora peccatori e nemici (Romani 5:8-10). Piuttosto, Dio ci ha amati per primo, prima della fondazione del mondo, in questo patto della redenzione che ci mostra come la nostra salvezza sia trinitaria dall’inizio alla fine. Si tratta di una salvezza pianificata nell’eternità e compiuta nella storia. Quale infinito amore ci mostra il fatto che Cristo sia venuto per adempiere le condizioni del patto per ottenere la nostra redenzione!
Il patto della redenzione ci dona conforto e certezza
La consapevolezza che la nostra salvezza è stata assicurata dal Dio trino prima della fondazione del mondo reca un indicibile conforto al nostro cuore. Se sei un cristiano è perché Padre, Figlio e Spirito si sono accordati l’uno con l’altro nell’eternità per salvarti! Non sei cristiano perché sei migliore o più spiritualmente bendisposto di altri, ma perché il Padre ti ha eletto nel Figlio, perché il Figlio ha onorato le condizioni del patto e perché lo Spirito ti ha comunicato i benefici dell’opera del Figlio. Quando sei assillato dal dubbio sulla tua salvezza, ricorda che Gesù disse: «È compiuto!» e che il Padre è stato soddisfatto appieno dall’opera del Figlio. La tua salvezza è sempre sicura non per quanto fai tu, ma perché Cristo ha adempiuto la missione che il Padre gli aveva assegnato per soddisfare la sua giustizia. Il principio ubbidienza & ricompensa che regola il patto della redenzione ci spinge a guardare a Cristo, piuttosto che a noi stessi, per avere la certezza della salvezza. Ecco come si esprime Louis Berkhof:
“Seppure il patto della redenzione è il fondamento eterno del patto di grazia e, per quanto riguarda i peccatori, il suo prototipo eterno, per Cristo era un patto delle opere piuttosto che un patto di grazia. Nel suo caso, era all’opera la legge del patto originale, ossia che la vita eterna poteva essere ottenuta soltanto onorando le esigenze della legge. In quanto ultimo Adamo, Cristo ha ottenuto vita eterna per i peccatori come rimunerazione per la sua fedele ubbidienza e non come dono immeritato di grazia. Di conseguenza, ciò che egli ha compiuto come rappresentante e garante di coloro che gli appartengono, essi non sono più obbligati a compierlo. L’opera è stata compiuta, la ricompensa è stata meritata e i credenti sono stati resi partecipi, per grazia, dei frutti di ciò che Cristo ha realizzato”. [2]
È di grande conforto per noi sapere che Cristo ha ottenuto la nostra redenzione come ricompensa per la sua fedeltà, perché siamo resi certi che siamo salvati dai suoi meriti e non dai nostri. Siamo riconciliati con il Padre non per la nostra ubbidienza, ma per la sua ubbidienza! Tutto ciò è spiegato in modo mirabile dalla risposta alla domanda 60 del Catechismo di Heidelberg:
“Sebbene la coscienza mi accusi che ho gravemente peccato contro tutti i comandamenti di Dio, che non ne ho mai osservato alcuno e che sono ancora sempre incline a ogni male, pure Dio, senza alcun mio merito, per sola grazia, mi dona e imputa la perfetta soddisfazione, giustizia e santità di Cristo, come se non avessi mai commesso né avuto alcun peccato e avessi io stesso compiuto tutta l’ubbidienza che Cristo ha adempiuto per me, se solo ricevo tale beneficio con un cuore che crede”.
La dottrina del patto della redenzione esalta l’ubbidienza di cristo quale nostro rappresentante legale, insieme ai meriti che ha ottenuto per noi. Quale conforto reca tale verità a noi, che spesso abbiamo una cattiva coscienza, a motivo della nostra debolezza e delle nostre cadute nella vita cristiana! Quindi, questa dottrina c’insegna a fissare il nostro sguardo solo sul Mediatore, che si è fatto uomo per vivere, morire e risuscitare dai morti per la nostra salvezza. Ci ricorda che seppure al presente la vita è caotica e piena di dolore, ci attende una salvezza che non può venir meno, in quanto è stata compiuta dal Signore della gloria in persona.
[1] Geerhardus Vos, Redemptive History and Biblical INterpretation. The Shorter Writings of Geerhardus Vos, Presbyterian & Reformed, Phillipsburg, 1980, p.245
[2] Louis Berkhof, Systematic Theology, Eerdmans, Grand Rapids, 1996, p.268