Quando è difficile perdonare
Uno degli articoli principali della fede cristiana è «la remissione dei peccati». Lo confessiamo ogni domenica nel Simbolo Niceno. La remissione dei peccati è centrale alla fede cristiana ed è il cuore del vangelo. Come credenti, ci rallegriamo della remissione dei peccati. Amiamo questa dottrina biblica! Niente è paragonabile al sapere che Dio, per mezzo della sua grazia per noi attraverso Cristo, ha cancellato tutto il nostro debito in modo che nessuno dei nostri peccati possa accusarci. Tuttavia, per quanto adoriamo la buona novella del perdono di Dio, non sempre adoriamo perdonare coloro che hanno peccato contro di noi. Vogliamo ricevere il perdono, ma a volte siamo riluttanti a darlo. In effetti, secondo un recente sondaggio, la maggior parte degli adulti americani desidera più perdono nella propria vita, ma sono più critici quando scelgono chi perdonare. Questo sondaggio ha rilevato che per la maggioranza degli americani, il 60% ha affermato che «perdonare qualcuno dipende prima dall’autore del reato... che apporti dei cambiamenti». La maggior parte degli adulti americani, quindi, alza l’asticella più in alto di Dio quando si tratta di perdono.
Perché troviamo così difficile perdonare? Come si ripristina una relazione che è stata interrotta a causa del peccato? Come possiamo trovare il potere di perseguire la pace e la riconciliazione con coloro che ci hanno ferito in passato?
La storia di Giuseppe, soprattutto in Genesi capitolo 45, ci aiuta con queste domande complicate. In realtà, questa storia dovrebbe dare speranza a ogni famiglia che è disfunzionale, a ogni coppia sposata che litiga e a ogni individuo che lotta con amarezza e trova difficile il perdono e la riconciliazione. Cosa vediamo in questa scena? Vediamo una famiglia divisa riconciliata. Vediamo coloro che meritavano giustizia, ricevere grazia. Vediamo la misericordia trionfare sul giudizio. Vediamo Dio che opera nel cuore del suo popolo, facendolo perseverare nella fede e crescere nella santificazione.
Questo dovrebbe riempire i nostri cuori di speranza perché le persone nella famiglia di Giacobbe ci assomigliano molto. Come noi, erano persone normali e peccaminose, che a volte fallivano e sentivano le spiacevoli conseguenze del loro peccato. Eppure, come noi, anche loro furono giustificati dalla sola fede. Come per noi, la loro fede non appariva sempre luminosa e risplendente, eppure – a causa della grazia di Dio – era una fede che perdurava.
Quello che i fratelli meritarono
Per qualche tempo, sembra che Giuseppe non fosse ancora pronto a perdonare i suoi fratelli per il male che avevano commesso contro di lui quando era giovane. Anche se ascoltò la loro confessione, non si fidava ancora di loro. Li mise alla prova tre volte. Ma, a causa della grazia di Dio, Giuseppe fu spinto a trattare i suoi fratelli con misericordia. Disse loro: «Io sono Giuseppe! Mio padre vive ancora?» Notate la reazione dei fratelli: «Ma i suoi fratelli non gli potevano rispondere, perché erano atterriti dalla sua presenza». Non erano felici di vederlo. Erano sbalorditi e terrorizzati! Perché? Perché sapevano cosa si meritavano da Giuseppe. Si meritavano la giustizia. Come i nostri progenitori, Adamo ed Eva, che si nascosero dal Signore dopo aver peccato, i fratelli di Giuseppe sentivano il peso della loro colpa e la paura della punizione. Si resero conto che Giuseppe aveva il diritto di giudicarli per i loro crimini e il potere di punirli severamente. Meritavano giustizia e lo sapevano.
La giustizia non è una brutta cosa. Anzi, è una buona cosa. Immaginate un mondo in cui non ci fosse giustizia. Immaginate se crimini come omicidio, stupro, rapimento e traffico di esseri umani non fossero mai puniti. Immaginate se in ogni scuola uno studente non potesse mai ricevere il voto che ha guadagnato. Immaginate se non foste mai stati pagati per il vostro lavoro. La giustizia è fondamentale per la società. Ci aspettiamo di ricevere ciò che ci meritiamo. Vogliamo ricevere ciò che ci meritiamo a causa dei nostri sforzi. È il principio fondamentale della legge che tutti noi capiamo perché è stato scritto nei nostri cuori fin dalla creazione.
Ma questo significa anche che quando qualcuno ci fa un torto, vogliamo la giustizia! Vogliamo far valere i nostri diritti! Ecco perché non dovete insegnare a un bambino come dire cose come: “Quello è mio!” o “Smettila!” o “Non è giusto!” Il bambino già sa queste cose per natura. Essendo stati creati a immagine di Dio, tutti noi abbiamo un innato senso di giustizia, cioè della differenza tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato.
Come esseri umani, comprendiamo la giustizia. È intuitivo. Non siamo sorpresi dalla giustizia. La aspettiamo. La vogliamo...tranne quando noi siamo gli oggetti di quella giustizia! Quando si tratta degli altri, insistiamo che si faccia giustizia: meritano di pagare! Ma quando noi meritiamo la punizione per il nostro peccato, vogliamo difendere le nostre azioni. Le scuse e l’auto-giustificazione scorrono veloci quando si tratta di noi stessi. Cerchiamo di giustificare il nostro peccato, perché non riusciamo a vedere la nostra colpa.
Ma quando cominciamo a vederci come peccatori, persone ugualmente capaci di peccati che meritano giustamente la morte e hanno un profondo bisogno di misericordia e perdono, vogliamo scappare e nasconderci come i nostri progenitori. Diventiamo terrorizzati, come i fratelli di Giuseppe. Per più di 20 anni, avevano nascosto la loro colpa e soffocano la loro vergogna. All’improvviso, però, tutto fu scoperto. Meritavano giustizia.
Quello che i fratelli riceverono
Giuseppe disse ai suoi fratelli: «Vi prego, avvicinatevi a me!» Sorprendentemente, Giuseppe disse parole di tenerezza. Aveva il diritto di battere il martello della giustizia, ma invece decise di mostrare misericordia. Capiremmo bene se Giuseppe si fosse arrabbiato con i suoi fratelli. Potremmo simpatizzare con lui se alzasse la voce e iniziasse a elencare tutte le cose che i suoi fratelli avevano fatto: “Avete idea delle cose che ho sofferto a causa vostra? Mi avete fatto molto male! Mi avete derubato della mia famiglia, del mio paese e della mia vita! Chi vi credete di essere? Io non vi ho mai fatto niente del genere! Io non ho mai trattato così male i miei fratelli! Siete perfidi! Siete tutti bugiardi! Pagherete caro per quello che avete fatto!”
Suona familiare? Questo è il tipo di rabbia che sentiamo ogni giorno nel mondo in cui viviamo. Ed è anche il tipo di rabbia che dimora nei nostri cuori. E quando il nostro senso di giustizia è violato, quando ci sentiamo giustificati ad essere arrabbiati, spesso diciamo quel genere di cose, o molto peggio.
Giuseppe, tuttavia, non giudicava i suoi fratelli. Anzi, decise di mostrare misericordia e grazia. Vi ricordate la differenza tra la misericordia e la grazia? Misericordia significa non ricevere la giusta punizione che giustamente ci si merita. Grazia, invece, significa ricevere un buon dono che non si merita.
Per esempio, se io guido in zona a traffico limitato, l’area “C”, mi merito una multa (78 euro, per l’esattezza). Questa è il giudizio e io devo pagare. Tuttavia, se il comune di Milano annullasse la multa, mi dimostrerebbe misericordia. Misericordia significa non ricevere la giusta punizione che giustamente ci si merita.
La grazia, tuttavia, fa un passo avanti. Ora immagina se il comune di Milano mi mandasse invece un regalo generoso, dicendo: “Sig. Brown, sappiamo che lei ha infranto la legge e merita di essere punito, ma abbiamo annullato la sua multa. Le presentiamo invece questo regalo di 1000 euro. Le diamo anche il benvenuto a guidare nella zona a traffico limitato di Milano quando lei vuole, gratuitamente”. Sarebbe troppo bello per essere vero! Sarebbe anche scioccante e molto strano! Non possiamo immaginare una cosa del genere! Però è così che funziona la grazia. Grazia significa ricevere un buon dono che non merito.
Questo è ciò che i fratelli riceverono da Giuseppe. Poteva vedere che i suoi fratelli erano come “canne rotte” e “lucignoli fumanti”. Giuseppe allevò la loro paura e tristezza, e annunciò una buona notizia:
«Dio mi ha mandato qui prima di voi, perché sia conservato di voi un residuo sulla terra e per salvare la vita a molti scampati. Non siete dunque voi che mi avete mandato qui, ma Dio…Affrettatevi a risalire da mio padre e ditegli…Tu abiterai nel paese di Goscen e sarai vicino a me: tu e i tuoi figli, i figli dei tuoi figli, le tue greggi, i tuoi armenti e tutto quello che possiedi. Qui io ti sostenterò (perché ci saranno ancora cinque anni di carestia, affinché tu non sia ridotto in miseria: tu, la tua famiglia e tutto quello che possiedi».
I fratelli si aspettarono il giudizio da Giuseppe, ma invece riceverono la misericordia e la grazia. Sembrava troppo bello per essere vero! Però è così che funziona la grazia.
Ecco perché l’apostolo Paolo dice che la predicazione della croce è pazzia per quelli che periscono. Sembra del tutto assurdo che il Figlio di Dio soffra per i peccati degli altri. Sembra illogico che Dio perdoni i nostri peccati, ci riconcili a sé e ci dia la vita eterna. Avrebbe senso se Dio ci desse ciò che meritiamo. Ma la grazia non funziona così. Grazia significa ricevere un buon dono che non merito. E spesso, nei nostri rapporti con le altre persone, abbiamo l’opportunità di mostrare misericordia e grazia invece del giudizio. C’è sempre una scelta.
Cosa avresti fatto se fossi stato al posto di Giuseppe? Li avresti puniti o avresti perseguito la pace e la riconciliazione? Cosa sceglierai la prossima volta che soffrirai di una relazione interrotta con qualcuno? Cosa vuole Dio che facciamo? Certamente, c’è un posto per la disciplina nella chiesa quando un membro è impenitente. Questa è una questione completamente diversa. In quel caso, non siamo noi i giudici, la Parola di Dio lo è. Per quanto riguarda le nostre relazioni interrotte, tuttavia, c’è sempre una scelta: perseguire la pace e la riconciliazione o no. Dio vuole che cerchiamo la pace e la persegua. Per grazia di Dio, questo è ciò che fece Giuseppe, anche se all’inizio non fu facile.
Il modo in cui i fratelli risposero
La relazione interrotta di questa famiglia iniziò a essere ripristinata. Leggiamo nel versetto 15: «Baciò pure tutti i suoi fratelli, piangendo. Dopo questo, i suoi fratelli si misero a parlare con lui». Non a causa del giudizio, ma a causa della grazia, lo shalom in questa famiglia era possibile di nuovo. E poiché il perdono era stato concesso, non c’era posto per ritorsioni o amarezze. Notate l’imperativo di Giuseppe ai suoi fratelli nel versetto 24: «Non ci siano, durante il viaggio, delle liti tra di voi». I fratelli non dovevano accusarsi a vicenda per quanto era accaduto in passato. Se Giuseppe li aveva perdonati, quanto più avrebbero dovuto perdonarsi l’un l’altro.
Lo stesso vale per noi. Poiché Dio ci ha perdonato, come possiamo non perdonare gli altri? È sulla base del Vangelo che possiamo perdonare. Come i fratelli di Giuseppe, anche noi abbiamo bisogno di perdono. Anche noi abbiamo bisogno della misericordia e della grazia. E questo è ciò che abbiamo ricevuto in Cristo. «Mentre eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio mediante la morte del Figlio suo, tanto più ora, che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita» (Romani 5:10). Cristo subì il giudizio di Dio al posto nostro, affinché noi potessimo riconciliarci con il Padre, e con l’un l’altro. La nostra riconciliazione con Dio che abbiamo ricevuto attraverso Cristo non è solo verticale, ma anche orizzontale, come la croce. Senza Cristo, non c’è pace con Dio, e non c’è pace tra uomo e uomo. Come Dietrich Bonhoeffer scrisse nel suo libro bellissimo “Vita comune”:
«Senza Cristo, non conosceremmo Dio, non potremmo invocarlo o giungere a lui. E senza Cristo non potremmo conoscere neppure il fratello né accostarci a lui. È il nostro stesso io a sbarrarci la strada. Cristo ha aperto la strada che conduce a Dio e al fratello. Ora i cristiani possono vivere in pace tra loro, possono amarsi e servirsi reciprocamente, possono diventare una cosa sola. Ma sempre e solo per mezzo di Cristo. Solo in Gesù Cristo siamo una cosa sola, solo per suo mezzo siamo reciprocamente legati. Egli resta in eterno l’unico mediatore».
Oggi, come Giuseppe disse ai suoi fratelli, anche Gesù ci dice: «Vi prego, avvicinatevi a me!» Se avete bisogno di trovare la forza per perdonare qualcuno che vi ha ferito in passato, andate da Gesù. Vi dice: «Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi darò riposo» (Matteo 11:28). Gesù vuole scaricare il peso che portiamo a causa del nostro peccato. Vuole darci riposo dalla nostra mancanza di pace e di riconciliazione con gli altri. Gesù vi dice: «Prendete su di voi il mio giogo e imparate da me, perché io sono mansueto e umile di cuore; e voi troverete riposo per le anime vostre; poiché il mio giogo è dolce e il mio carico è leggero» (Matteo 11:29-30).
C’è qualcuno nella tua vita in questo momento con cui tu sei in conflitto, un fratello o sorella che devi perdonare e con cui riconciliarti? Forse porti rancore verso questa persona, e lo eviti. Magari è un fratello o una sorella in Cristo, o un coniuge o un familiare. Gesù può liberarti dalla prigione del risentimento e dell’amarezza. Ha aperto la strada alla pace e alla riconciliazione attraverso il suo sangue e la sua giustizia.
~ Rev. Michael Brown, il pastore della Chiesa Riformata ‘Filadelfia’ di Novate Milanese